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Prologo

Il Vecchio aveva gli occhi sbarrati, trattenne tutto il vero, ed era molto, che il suo senno poteva sorreggere. Poi, li chiuse. Fu allora che alcune semplici ma imprevedibili circostanze sentenziarono, seppure solo per qualche secondo, l’attualità di un’utopia per il resto quasi del tutto dimenticata.

 

òcchi – p.m. [lat. ōcūlus]. – La stanza. Il Vecchio. L’istante in cui la verità sfugge e si avviluppa su sé stessa, una spirale che si allunga fino a toccare il confine tra il sogno e l’insonnia. [Sussurro – Il tempo sospeso, o forse congelato in un eterno presente] Selene, un nome che echeggia come un verso di poesia antica, ma che al giovane appare un enigma, più che un'identità. Forse l’ha già incontrata, forse no. Il punto è che non lo sa, e questo lo infastidisce. Occhi come due specchi d’acqua nel crepuscolo, riflettenti un mondo intessuto di dubbi e ombre. “Il mondo è perfetto, qui. Ogni cosa ha un ordine.” Le parole escono con la precisione di un astrolabio che traccia l’arco delle stelle. “E io?” domanda il giovane, o almeno crede di farlo, mentre il suo pensiero si smarrisce tra i meandri di una conversazione che sfugge alla sua comprensione. Selene sorride, un sorriso che potrebbe essere tanto un omaggio alla compa

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