Patografie
Eccoci: Patografie.
Immaginiamo un luogo, non tanto fisico quanto simile a quei margini, spazi liminari tra pensiero critico e godimento estetico. Un luogo che non sia solo descrittivo, ma, a suo modo, distruttivo, facendo emergere le tracce, le differenze, gli scarti. Questo blog vuole essere esattamente quel tipo di spazio: un crocevia tra la storia e l’estetica delle arti e una critica sociale che si propone di schivare le dicotomie tradizionali, insinuandosi nelle pieghe del discorso per tentare di destabilizzare ciò che sembra fin troppo solido. Patografie nasce, tra le altre cose, dall'urgenza di affiancare alla pratica artistica una riflessione altrettanto artigianale, un gesto di giustizia differita nei confronti di un contesto socioculturale che troppo spesso prende senza dare, e che richiede una costante rielaborazione.
Qui, l’arte performativa non si considera solo come espressione – un’apparente presenza che rinvia sempre ad altro, sempre differita – ma come uno strumento di smantellamento, un bisturi concettuale che scava nelle norme e nelle aporie sociali, augurandone una crisi. Patografie si propone di interrogare quel disagio sottile e quella resistenza che, presenti nella logica dell'altro, sono pronte a esplodere in forme di pensiero antagonista, dissociative. Tensioni vissute quotidianamente, che attraverso l’arte trovano una risonanza che non si limita a riflettere, ma che scompone, differenzia, riarticola.
Ogni articolo qui diventa un esperimento, un tentativo – a volte aporetico, altre volte più intenzionale – di intrecciare filosofia e vissuto personale, avvicinandosi a ciò che potrebbe essere chiamato un’esperienza di slittamento concettuale. È un invito a esplorare le quinte del quotidiano, a scoprire quelle verità che, nascoste in bella vista, continuano a sfuggire e a ritrarsi, e a confrontarsi con esse, anche quando ciò che emerge mette in discussione l’idea stessa di un centro stabile.
Quindi, eccoci: Patografie.