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Tempo, ritmo e struttura. II

  • Immagine del redattore: Lino Testa
    Lino Testa
  • 30 ott 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

2. La mimesi incompiuta



Ripensare la forma come un’imitazione che risponde al mondo. Non più una struttura chiusa, autonoma, ma un gesto che permette all’artista di captare e restituire la realtà. Nel capitolo precedente, Il silenzio della forma, abbiamo sondato il concetto di bellezza classica come ideale universale, una forma che aspira a essere pura e immutabile. Tuttavia, questa purezza rivela un’assenza, una tensione con ciò che è escluso. Il classicismo ha distinto forma e contenuto come due entità separate, quasi distanti. Ma cosa accadrebbe se la forma fosse, in fondo, il linguaggio dell’artista per mostrare ciò che si cela dietro le apparenze?


In Aristotele, la mimesi – imitazione – non è un atto di semplice copia, ma di trasformazione. Ogni linea, ogni colore, ogni suono parla con un linguaggio muto, richiamando il mondo sotto una nuova luce. La “pura forma” non è mai del tutto pura: trascina con sé tracce di ciò che tenta di escludere. Goodman, nella sua teoria dei simboli, ci avverte che ogni forma è carica di significati, nata dalla nostra interpretazione della realtà, e che persino l’astrazione più essenziale racchiude convenzioni culturali. Anche l’arte egizia, con le sue forme geometriche e rigide, va oltre il visibile, codificando un intero sistema di significati cosmici che riflettono un ordine dell’universo.

Con il cubismo, Picasso e Braque scompongono il mondo non per allontanarsene, ma per scoprirlo. Ogni frammento, come un mosaico segreto, ci parla di un reale complesso, sfuggente. Gombrich osserva che l’arte è un continuo gioco tra mostrare e nascondere: in ogni forma si cela il tentativo di rivelarsi e, allo stesso tempo, di coprirsi.

Naturalismo e astrazione non sono opposti, ma due vie per esplorare il reale. Il naturalismo tenta di rendere l’illusione del mondo visibile, usando prospettive e tecniche che cercano di darne un’immagine fedele, mentre l’astrazione si allontana dall’apparenza per cogliere qualcosa di più profondo. In questo senso, l’artista contemporaneo Gerhard Richter rappresenta bene questo equilibrio. Alternando figurazione e astrazione, Richter crea opere che giocano con la percezione e ci spingono a chiederci: cos’è davvero reale?

Anche nelle arti performative questa tensione è evidente. Il tempo non è solo uno sfondo, ma una sostanza viva. Ogni performance è un equilibrio tra presenza e assenza. Ricoeur descrive il tempo come una narrazione continua, in cui ogni momento porta con sé un eco del passato e un richiamo al futuro. Pina Bausch, nel suo lavoro coreografico, ha esplorato questa qualità del tempo: ogni gesto sembra un frammento di un racconto più grande, in cui le emozioni personali e il vissuto si radicano nella memoria del pubblico. La sua danza non è solo movimento, ma tensione, un modo di trascinare il tempo in una narrazione visiva che non ha bisogno di parole, dove il corpo racconta le fragilità e le resistenze dell’essere umano.

La Socìetas Raffaello Sanzio, fondata da Romeo Castellucci, porta un’altra esplorazione radicale della forma. I loro spettacoli mettono in crisi il concetto di tempo e presenza scenica, trasformando la forma in uno spazio di rottura. Ogni rappresentazione diventa un’azione frammentata in cui i corpi umani agiscono come simboli inquietanti, quasi fuori controllo, suggerendo un mondo che esiste oltre il visibile. Il teatro della Socìetas rende la forma un’eco del reale, svuotata, che lascia spazio alla pura intensità del gesto e al silenzio tra le parole, portando lo spettatore a un limite sensoriale e percettivo.

E nel lavoro di John Cage, il tempo stesso si trasforma in protagonista. In opere come 4’33”, il silenzio diventa linguaggio, e il tempo un susseguirsi di attimi in cui ogni suono dell’ambiente prende vita. Cage rivoluziona l’idea di performance: il tempo, anziché misurarsi, si sperimenta, e il silenzio si trasforma in uno spazio di ascolto attivo, dove ogni rumore, seppur accidentale, acquista significato. Con Cage, il tempo non è mai vuoto ma pieno di possibilità, un invito a scoprire la musica anche in ciò che appare assente.

Merleau-Ponty ci offre una riflessione su come il tempo sia vissuto attraverso il corpo: il movimento non è solo fisico, ma porta con sé memorie e anticipazioni. Ogni gesto è una traccia che si rinnova. In ogni passo, in ogni movenza, il corpo diventa teatro di presenze e assenze.

Anche nella tragedia greca, il tempo ciclico – l’idea di un tempo che ritorna e si ripete come un cerchio – è un invito a riscrivere. Questo tipo di tempo non segue la linearità, ma si riavvolge continuamente, portando eventi simili a riaccadere sotto nuove prospettive. La ripetizione non è mai una copia perfetta, ma una continua variazione, una risignificazione. Così, l’antica ciclicità tragica ci chiede: cosa significa, ogni volta, questo ritorno?

Naturalismo e astrazione, presenza e assenza – due modi che, insieme, rendono la forma non un contenitore, ma un varco aperto, un invito a guardare oltre. Attraverso il non detto, l’arte svela: come uno specchio e un velo, ci offre il mistero di ciò che resta nascosto. E forse è qui, in questo celare e rivelare, che risiede il vero potere della forma.


In questo percorso, abbiamo esplorato la forma come specchio e come velatura del reale, e il tempo come sostanza viva, ciclica e stratificata, che dà vita alle arti performative. Nel prossimo capitolo, Il tempo disgiunto, sposteremo il nostro sguardo verso la frammentazione del tempo e della forma nel teatro contemporaneo, esplorando come le arti, dal teatro alla musica, sovvertano la linearità temporale tradizionale. Come suggerisce Hans-Thies Lehmann nel suo Teatro postdrammatico, la scena moderna si apre a una temporalità disgiunta e molteplice, in cui ogni istante è un frammento in costante mutamento. Parleremo anche di come compositori come Stockhausen e il movimento della danza contemporanea abbiano decostruito la nostra percezione del tempo, trasformandolo in un’arte della differenza e della ripetizione instabile.

 
 
 

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